9 ottobre 2013

2 ottobre 2013

APPUNTAMENTI AUTUNNALI 2013

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CONFERENZE (BIBLIOTECA COMUNALE DI LAVENO)

Giovedì 17 Ottobre, ore 18:
"Come ridurre lo stress" (Licia Costantini)

Giovedì 24 Ottobre, ore 18:
"Ayurveda, una scienza per la salute" (Amadio Bianchi, mio maestro di Ayurveda)
Segue cena vegetariana con il Maestro presso l'Agriturismo Terra Libera di Azzio (prenotazioni: Annalisa 346 28 93 392  www.terralibera.it)

Giovedì 31 Ottobre, ore 18:
"La via della natura": prepararsi all'autunno-inverno con le erbe (Licia Costantini)




INCONTRI DI MEDITAZIONE 



Ogni martedì alle ore 20,30 - 21,30 presso il Centro Yoga Amrita di via Castelli 35 a Gemonio (ingresso ad offerta libera).




CORSO PER LA RIDUZIONE DELLO STRESS: MINDFULNESS E TECNICHE DI RILASSAMENTO.

Otto incontri settimanali da giovedì 31 Ottobre alle ore 20,30 - 22,30 presso il Centro Yoga Amrita di via Castelli 35 a Gemonio.

11 aprile 2013

Corso di riduzione dello stress


Carissimi,

vi  propongo un corso di meditazione e tecniche di rilassamento per la riduzione dello stress.

Le pratiche meditative che utilizzerò derivano dalla millenaria cultura orientale (vipassana, zen, metta), rivisitate ed adattate ad un pubblico occidentale. La ricerca scientifica e la pratica terapeutica (vedi i protocolli Mindfulness di Jon Kabat-Zinn o la pratica di Mindsight di Daniel Siegel), hanno da qualche decennio dimostrato che la meditazione è utile per ridurre lo stress in diversi contesti, da quello personale a quello interpersonale, a quello lavorativo.

Durante il corso si apprenderanno diverse tecniche: meditazione di consapevolezza del respiro, bodyscan, meditazione camminata, consapevolezza del movimento. Apprenderemo, così, a gestire meglio le nostre emozioni distruttive (autocommiserazione, rabbia, tristezza, rancore, aggressività, scarsa autostima) e a sviluppare quelle positive che ci fanno sentire bene. Inoltre impareremo ad uscire da una modalità puramente reattiva per sviluppare azioni funzionali al proprio benessere.

Alle tecniche meditative si affiancheranno esercizi di rilassamento che, a partire dal corpo e da visualizzazioni guidate, ci porteranno ad imparare efficaci metodi per raggiungere uno stato di rilassamento corporeo e mentale.

Il programma prevede otto incontri a cadenza settimanale a partire dal 3 maggio 2013 (o dal 4 maggio a seconda delle richieste). Sono previsti esercizi da eseguire quotidianamente a casa.

La sede del corso è il Centro Amrita Raja Yoga di Gemonio, via  Castelli 35.

Per ogni informazione non esitate a contattarmi al numero telefonico 348 56 57 544


 

19 marzo 2012

CINQUE INCONTRI DI NATUROPATIA



Ciao a tutti,

 vi informo che presso il Bed & Breakfast Villa Patrizia a Calcinate del Pesce (Varese) organizzo cinque incontri di naturopatia.
Nel primo incontro parlerò di stress e ben-essere ( come diminuire lo stress ed aumentare il benessere nelle nostre vite)
Gli incontri successivi prevedono un corso pratico di "Tecniche di rilassamento e Distensione Immaginativa" ( si consiglia un abbigliamento comodo, stuoia e copertina)

 Le date sono: 13-20 aprile e 4-11-18 maggio.
Sono tutti dei venerdì dalle 20,30 alle 22.00
I posti sono limitati e si consiglia la prenotazione.

 Informazioni: 3485657544

17 novembre 2011

LA COMPASSIONE

Vi propongo un video di Joan Halifax, insegnante di dharma che da anni si dedica alle persone nello stadio terminale della loro vita (sia nelle case di cura che in prigione, nel braccio della morte). Racconta ciò che ha imparato sulla compassione quando si affronta la morte, approfondendo il significato e la natura dell'empatia.



 


Traduzione

"Voglio parlarvi della compassione, La compassione ha molti volti. Alcuni fieri, altri adirati; alcuni teneri, altri saggi. Un giorno il Dalai Lama disse queste parole: "Amore a compassione sono delle necessità. Non un lusso. Senza di essi l'umanità non può sopravvivere." E aggiungerei, non sarebbe solo l'umanità a non sopravvivere, ma anche tutte le specie viventi, come abbiamo già ascoltato oggi. I grandi felini, il plancton.

Due settimane fa mi trovavo a Bangalore, in India. Ho avuto il privilegio di insegnare in una casa di cura alla periferia di Bangalore. Di buon mattino sono entrata in reparto. Nella casa di cura c'erano 31 pazienti, uomini e donne, nello stadio terminale della vita. Sono andata al capezzale di un'anziana che respirava molto velocemente, fragile, evidentemente prossima alla morte. L'ho guardata in volto. Ho guardato il volto di suo figlio che le sedeva accanto, lacerato da un misto di mestizia e confusione.

E mi sono ricordata di una frase del Mahabharata, il grande racconto epico indiano: "Qual è la cosa più stupefacente del mondo, Yudhisthira?" E Yudhisthira rispose: "La cosa più stupefacente del mondo è che tutt'intorno a noi la gente muore e noi non ci rendiamo conto che può capitare anche a noi." Guardai in alto. Ad assistere quelle 31 persone c'erano giovani donne dai villaggi attorno a Bangalore. Guardai il volto di una di esse, e vi vidi la forza che nasce quando c'è vera compassione. Osservai le sue mani mentre lavava un'anziana.

E posai lo sguardo su un'altra giovane che detergeva il volto di un anziano morente. E questo mi ricordò di qualcosa a cui mi era capitato di assistere. Ogni anno o giù di lì ho il privilegio di recarmi in missione nell'Himalaya e negli altipiani del Tibet. Gestiamo cliniche in queste regioni remote in cui c'è assoluta carenza di assistenza medica.

Il mio primo giorno al Simikot ad Humla, estremo Nepal occidentale, la regione più povera del Nepal, entrò un anziano che portava un fagottino di cenci. Entrò, qualcuno gli disse qualcosa, capimmo che era sordo, allora cercammo tra i cenci, ed emersero due occhi. Togliemmo i cenci, che avvolgevano il corpo di una bambina con il corpicino devastato dal fuoco. Di nuovo, gli occhi e le mani di Avalokiteshvara. Fu la giovane assistente che ripulì le ferite della bimba e le medicò.

Conosco quelle mani e quegli occhi; hanno toccato anche me. Mi hanno toccato in quel momento. Mi hanno toccato durante i miei 68 anni di vita. Mi hanno toccato quando avevo 4 anni e avevo perduto la vista ed ero rimasta parzialmente paralizzata. E così la mia famiglia fece venire una donna, la cui madre era stata schiava, per prendersi cura di me. E quella donna non era spinta da compassione sentimentale. Aveva una forza incredibile. E fu proprio quella forza, credo, che divenne lo stimolo che ha illuminato il mio cammino.

Dunque ci possiamo chiedere: Da cosa è formata la compassione? Ci sono varie sfaccettature. C'è compassione referenziale e non referenziale. Ma innanzitutto la passione comprende la capacità di vedere chiaramente la natura della sofferenza. E' la capacità di restare forti e di riconoscere anche che io non sono separato da quella sofferenza. Ma non è abbastanza, perché la compassione, che attiva la corteccia motoria, vuol dire che noi aspiriamo, veramente, a trasformare la sofferenza. E se abbiamo la grazia di poterlo fare, intraprendiamo attività che trasformano la sofferenza. Ma la compassione ha un'altra componente, e questa componente è davvero essenziale. La componente è che non ci possiamo attaccare al risultato.

Ora, io ho lavorato con persone morenti per più di 40 anni. Ho avuto il privilegio di lavorare nel braccio della morte di un carcere di massima sicurezza per 6 anni. E ho capito così chiaramente nel portare l'esperienza della mia vita, nel lavorare con persone in punto di morte e con la formazione degli assistenti, che ogni attaccamento al risultato avrebbe profondamente distorto la mia capacità di essere pienamente presente alla catastrofe che avevo davanti.

E quando ho lavorato nel sistema carcerario mi è stato chiaro questo: che per molti di noi in questa sala, e per quasi tutti gli uomini con cui ho lavorato in carcere, il seme della propria compassione non è stato mai irrigato. La compassione è di fatto una qualità innata nell'uomo. Tutti noi la possediamo. Ma le condizioni per poterla attivare, farla crescere, sono particolari. Quella condizione si è creata in me, fino a un certo punto, grazie alla malattia della mia infanzia. Per Eve Ensler, che parlerà più tardi, quella condizione è stata attivata in modo straordinario dalle tante acque della sofferenza che ha attraversato.

E la cosa affascinante è che la compassione ha dei nemici, cose come la commiserazione, la violenza morale, la paura. E sapete, la nostra società, il mondo, sono paralizzati dalla paura. E quella paralisi, naturalmente, paralizza anche la nostra capacità di provare compassione. La parola 'terrore' è globale. Il sentimento di terrore è globale. Per cui il nostro lavoro, in un certo senso, è di scalzare questa immagine, questo archetipo che ha pervaso la psiche del globo intero.

Ora sappiamo dalle neuroscienze che la compassione possiede alcune qualità davvero straordinarie. Per esempio: Una persona che coltiva la compassione, quando si trova in presenza della sofferenza percepisce la sofferenza in modo molto maggiore di molte altre persone. Ad ogni modo riesce a tornare alla normalità molto rapidamente. Questo si chiama determinazione. Molti di noi credono che la compassione ci inaridisca, ma vi garantisco che è qualcosa che ci illumina veramente.

Un'altra cosa sulla compassione è che fa aumentare la cosiddetta integrazione neurale. Coinvolge tutte le aree del cervello. Un altro fatto, scoperto da vari ricercatori dell'Emory e del Davis e di altri centri, è che la compassione rafforza il nostro sistema immunitario. Ehi, viviamo in un mondo molto nocivo. (Risate) Molti di noi deperiscono per via dei veleni psico-sociali e fisici delle tossine del nostro mondo. Ma la compassione, la generazione di compassione, rimette in moto proprio le nostre difese immunitarie.

Sapete, se la compassione ci fa bene, ho una domanda. Perché non educhiamo i nostri figli alla compassione? (Applausi) Se la compassione ci fa così bene, perché non la insegniamo al personale sanitario cosicché riescano a fare quello che ci si aspetta da loro, cioè trasformare veramente la sofferenza? E se la compassione ci fa tanto bene, perché non la votiamo? Perché non votare i politici sulla base della compassione? In questo modo avremmo un mondo in cui ci si prende più cura degli altri. Nel Buddhismo diciamo: "ci vogliono una schiena forte e un aspetto delicato ." Ci vuole una forza tremenda nella schiena per rimanere in equilibrio in mezzo al caos. Questa è la qualità mentale dell'equanimità.

Ma ci vuole anche un aspetto delicato - la capacità di accettare il mondo così com'è, di avere un cuore senza difese. E l'archetipo di questo nel Buddhismo è Avalokiteshvara, Kuan-Yin. Un archetipo femminile: colei che riceve le grida dell'umanità sofferente. Possiede 10.000 braccia, e in ogni mano porta uno strumento di liberazione, e nel palmo di ogni mano ci sono occhi, che sono gli occhi della saggezza. Io dico che per migliaia di anni le donne hanno vissuto, esemplificato, incontrato nella loro intimità l'archetipo di Avalokiteshvara, di Kuan-Yin, colei che sente le grida dell'umanità sofferente.

Le donne hanno manifestato per migliaia di anni la forza che deriva dalla compassione in modo non meditato, senza filtri, nel percepire la sofferenza così com'è. Hanno profuso gentilezza nella società, e noi lo abbiamo potuto constatare nelle donne che mi hanno preceduto su questo palco in questa giornata e mezza. Esse hanno messo in pratica la compassione attraverso l'azione diretta. Jody Williams ha detto: meditare fa bene. Mi dispiace, devi farne un po' anche tu, Jody. Fa' un passo indietro, lascia tranquilla tua madre, ok.

(Risate)

Ma l'altro termine dell'equazione è che dovete uscire dalla vostra caverna. Dovete uscire nel mondo come fece Asanga, che cercava di realizzare il Maitreya Buddha dopo 12 anni di eremitaggio in una caverna. Disse: "Me ne vado da qui." Si incammina per il sentiero. Vi vede qualcosa. Guarda, è un cane, e gli si inginocchia davanti. Vede che il cane ha una brutta ferita sulla zampa. La ferita è piena di larve. Egli usa la propria lingua per rimuovere le larve, in modo da non ucciderle. E in quel momento il cane si trasformò nel Buddha dell'amore e della gentilezza.

Io credo che le donne e le ragazze di oggi debbano fare squadra in modo potente con gli uomini - con i padri, i figli, i fratelli, gli idraulici, i costruttori di strade, gli assistenti sanitari, i dottori, gli avvocati, con il nostro presidente, e con tutti gli esseri. Le donne presenti in sala sono dei fiori di loto in un mare di fuoco. Che possa questa capacità diventare realtà per le donne di tutto il mondo.

Grazie".

25 maggio 2011

MINDFULNESS

La meditazione batte i farmaci

Basta un'ora per dimezzare il dolore. Secondo uno studio pubblicato sul Journal of Neuroscience, lo zen ha un effetto analgesico. Durante l'esercizio della concentrazione "positiva", nel cervello si accendono alcune aree e se ne spengono delle altre in un'azione "combinata" che riduce la sofferenza anche del 40%

ROMA - Altro che analgesici: quando il dolore è troppo forte basta un'ora di meditazione. La capacità di concentrare la propria mente e liberarla dai pensieri negativi, infatti, avrebbe il potere di ridurre l'intensità del dolore fino al 40%. Non solo, abbasserebbe del 57% anche quella sensazione spiacevole che segue la sofferenza. Queste "certezze" sono il punto d'arrivo di uno studio, pubblicato sul Journal of Neuroscience, secondo il quale lo zen batte i farmaci perché è in grado di influenzare l'attività delle aree cerebrali che controllano lo stimolo doloroso, regolandone il grado di intensità. In altre parole, dicono i ricercatori del Wake Forest Baptist Medical Center di Winston-Salem (Usa), la meditazione ha il potere di "assopire" la corteccia somatosensoriale e di "svegliare" il cingolo anteriore, l'insula anteriore e la corteccia fronto-orbitale. Questa azione "combinata" sulle aree che governano la percezione del dolore ha un potere analgesico.

"L'effetto che abbiamo riscontrato è sorprendente - spiega Fadel Zeidan, autore dello studio - basti pensare che la morfina o altri antidolorifici riducono in media il dolore del 25%". Per testare gli effetti postivi della meditazione sul dolore, il team ha coinvolto 15 volontari. Tutti erano novizi dello zen. Per questo il campione è stato invitato a partecipare a un corso intensivo di una paricolare forma di meditazione, chiamata 'mindfullness'. Ogni lezione di "attenzione
focalizzata" durava 20 minuti, durante gli incontri ai partecipanti si chiedeva di concentrare la mente sul respiro, di mandare via pensieri intrusivi ed emozioni negative.

Contemporaneamente gli studiosi, con un'apposita apparecchiatura sistemata sotto la gamba destra dei soggetti, generavano per cinque minuti un calore dolorifico, raggiungendo una temperatura di 49 gradi centigradi. Prima e dopo le lezioni, i ricercatori fotografavano ciò che accadeva nel cervello dei partecipanti grazie a una speciale risonanza magnetica, chiamata Arterial spin labelling. Questa particolare tecnica è in grado di rilevare, attraverso la mappatura del flusso sanguigno, l'intensità del dolore. Così registravano le reazioni dei partecipanti al dolore sia durante l'esercitazione sia mentre erano a riposo. E' emerso che la meditazione spegne il dolore riducendolo del 40%, con delle punte del 93% in alcuni volontari.

A livello cerebrale le scansioni hanno messo in evidenza una riduzione significativa dell'attività della corteccia somato-sensoriale, un'area fortemente coinvolta nella genesi della sensazione di dolore. Contemporaneamente si iperattivavano anche altre zone: il cingolo anteriore, l'insula anteriore e la corteccia fronto-orbitale. "Queste regioni cerebrali - dicono i ricercatori - plasmano il modo in cui il cervello costruisce l'esperienza del dolore a partire dai segnali nervosi provenienti dal corpo". Una delle ragioni per cui la meditazione può essere stata così efficace nel bloccare il dolore è che non agisce su una singola regione del cervello, ma a più livelli.

"Questo studio - dice Fadel Zeidan - mostra che la meditazione produce effetti realmente positivi sul cervello. E che quindi potrebbe garantire il controllo del dolore senza l'utilizzo di farmaci"

16 maggio 2011

STRESS E BENESSERE

Il benessere, nel triangolo CORPO-MENTE-RELAZIONI (vedi post precedente) si realizza quando i tre lati del triangolo sono in equilibrio, ma cosa succede quando uno dei lati entra in crisi? Al benessere subentra il male-essere, lo stare male.
Il nome ricorrente al giorno d’oggi è “stress”.
Con questa parola si fa riferimento a un concetto molto vasto e complesso, ma la sua essenza è anche molto semplice: è un concetto che abbraccia una vasta gamma di esperienze umane, con cui le persone si identificano immediatamente.
Quando dico a qualcuno che il mio lavoro ha a che fare con la riduzione dello stress, invariabilmente la  risposta è: “Servirebbe anche a me”.
Ciascuno di noi sa esattamente che cosa significhi “stress”, almeno nel proprio caso.
Ma lo stress si presenta a molti livelli e nasce da varie cause: ognuno di noi ne ha una propria versione, i cui dettagli possono anche cambiare continuamente, ma il cui meccanismo generale di solito perdura nel tempo.
Lo stress è un elemento naturale della vita, ma  richiede da parte nostra una risposta di adattamento continua ed efficace.
Il modo con il quale si percepisce e affronta una situazione determina in larga misura quanto stress essa ci provoca.
Il modo in cui interpretiamo  e valutiamo i nostri problemi determina il modo in cui li affrontiamo e il grado di stress che essi ci provocano.
Questo concetto è molto importante perché  significa che abbiamo la possibilità di esercitare un controllo maggiore di quanto normalmente crediamo sulle cause del nostro stress.
Da un lato ci saranno sempre, nell’ambiente in cui viviamo, molti potenziali stressori che non possiamo eliminare, ma il modo in cui ci vediamo in rapporto ad essi cambia la relazione, e perciò cambia la misura in cui li viviamo come pericolo per il nostro benessere.
A volte il nostro stile di vita mina la nostra salute e ci esaurisce fisicamente e mentalmente. Atteggiamenti negativi verso noi stessi e gli altri, convinzioni limitanti rispetto a ciò che possiamo o non possiamo fare, rappresentano ostacoli che ci impediscono di crescere e di affrontare efficacemente momenti difficili.(*)

Io lavoro sulla riduzione dello  stress e lavoro prevalentemente con il corpo, avendo considerato da sempre il corpo  come un mezzo straordinario per raggiungere anche la mente. Il corpo è  la parte di noi che si trova sempre nel presente, nel qui ed ora, cosa che la nostra mente spesso  non fa, quando ad esempio non riusciamo a staccarci dal passato oppure siamo solo rivolti al futuro. Ecco che il corpo rappresenta ciò che siamo in questo preciso momento, ci offre una preziosa possibilità di entrare in contatto con la nostra mente, con i nostri pensieri, le nostre emozioni e sensazioni, e, tenendo presente quanto detto prima, (il triangolo del benessere), mi sembra evidente come anche gli altri due lati del triangolo attraverso il corpo possano essere modificati.
 Lavoro con il corpo per arrivare alla mente anche quando uso tecniche corporee che utilizzano la distensione muscolare  per produrre modificazioni variabili dello ”stato di coscienza”, inteso come livello di vigilanza. Queste tecniche attivano la produzione immaginativa e le rappresentazioni mentali.
Durante il percorso immaginativo, in una situazione di rilassamento corporeo, agiamo liberamente, scopriamo nuovi punti di vista, troviamo soluzioni, anche fantastiche,  che nella realtà non ci permettiamo, e rigeneriamo in questo modo sia il corpo che la mente.
Lavorare con il corpo soddisfa pienamente anche il terzo lato del triangolo del benessere, l’aspetto relazionale.
Fin dai tempi antichi il massaggio è stato considerato un’attività fondamentale per il benessere e l’equilibrio psicofisico, basti pensare ai greci e ai romani (le terme, i bagni, i massaggi). In questo senso possiamo anche considerare la carezza, così importante per l’essere umano, in grado di comunicare sostegno, comprensione e sicurezza, come la prima forma di massaggio.
Toccare il corpo  significa quindi instaurare un dialogo profondo con l’intero psicosoma della persona e le varie tecniche di massaggio costituiscono una forma di comunicazione privilegiata, un preciso flusso di informazione reciproca.

(*) Vedi: J. KABAT-ZINN, Vivere momento per momento, Corbaccio.